Il dissenso opposto dall'amministrazione alla domanda di assegnazione temporanea ex art. 42 bis del D.Lgs. 151/01 non può essere generico, ma deve essere fondato su specifiche ed eccezionali ragioni organizzative e di servizio, tra le quali non può ricomprendersi la necessità di garantire la continuità didattica.
Il dissenso opposto dall’amministrazione alla domanda di assegnazione temporanea ex art. 42 bis del D.Lgs. 151/01 non può essere generico, ma deve essere fondato su specifiche ed eccezionali ragioni organizzative e di servizio, tra le quali non può ricomprendersi la necessità di garantire la continuità didattica.
È quanto stabilito dal Tribunale di Mantova con ordinanza del febbraio 2016 all’esito di un giudizio cautelare intrapreso da una docente di scuola secondaria di secondo grado, la quale, madre di un bimbo di età inferiore a tre anni, presentava domanda chiedendo di essere distaccata, in assegnazione temporanea ex art. 42 bis D.Lgs. 151/2001, presso una sede di servizio ubicata nelle provincie di Napoli, Caserta, Benevento, Avellino e Salerno dove il coniuge e genitore del bambino esercitava la propria attività lavorativa.
Il mancato accoglimento dell’istanza determinava la docente a richiedere assistenza legale e a ricorrere all’Autorità Giudiziaria.
Quella in commento è la prima ordinanza con cui l’Autorità Giudiziaria si è soffermata sugli effetti prodotti dalle recentissime modifiche apportate all’art. 42 bis dall’art. 14, comma 7, della Legge 7 agosto 2015, n. 124 (vigente dal 28.8.2015).
Il Legislatore, infatti, con la L. 124/15, ha introdotto, in fine al secondo periodo dell’art. 42 bis del D.Lgs. 151/01, l’inciso “a casi o esigenze eccezionali”, di tal che l’attuale formulazione della norma prevede ora che: “1. Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi ed esigenze eccezionali. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda. 2. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione”.
L’intervento legislativo, che ha di fatto ratificato quanto la Giurisprudenza aveva in più occasioni già rimarcato, porta a ritenere che la posizione di aspettativa di diritto qualificata in cui versa il lavoratore risulta cedevole solo di fronte a riconosciute superiori (oggi eccezionali) esigenze organizzative dell’Amministrazione, identificabili con il buon andamento del servizio (ex plurimis: Tar Lazio-Roma, sez. I quater, 22.3.2007, n. 2488).
È evidente, quindi, che lo spatium deliberandi del dissenso opponibile dalla pubblica amministrazione oggi è ancor più circoscritto e ristretto rispetto al passato.
Venendo, dunque, all’ordinanza in commento, il Giudice, facendo leva sul nuovo testo della norma, ha rigettato tutte le difese del Ministero che, costituitosi in giudizio, aveva dato atto della sussistenza dei presupposti di Legge, eccependo però l’impossibilità di accoglierla per la necessità di garantire la continuità didattica degli alunni.
Il Giudice, accogliendo in toto le nostre difese, ha rilevato l’erroneità della motivazione addotta sostenendo che i motivi ostativi all’accoglimento della domanda presentata dalla docente non integrassero quelle specifiche ed eccezionali ragioni organizzative e di servizio idonee a giustificare un provvedimento negativo, non essendo sufficiente l’allegazione di mere difficoltà operative, peraltro genericamente dedotte, ovvero il generico riferimento alla necessità di garantire la continuità didattica.
Il Giudice, in buona sostanza, in armonia con i numerosi precedenti Giurisprudenziali prodotti da questa difesa, ha ribadito l’autonomia dell’istituto dell’assegnazione temporanea il quale obbedisce esclusivamente alla propria disciplina contenuta nell’art. 42 bis del decreto legislativo 151/2001.
È stato quindi ordinato al MIUR di assegnare la docente ad una sede di servizio ubicata in una delle province richieste, ove l’intera famiglia si è ricongiunta al minore.
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